Antonella Galeone, Povere creature! di Yorgos Lanthimos

“Povere creature”,  il film del regista greco Yorgos Lanthimos, Leone d’oro alla Mostra del Cinema di Venezia, ritrae un viaggio dallo stile potente ed eroico che, aderendo alla struttura morfologica della fiaba e, attraverso l’uso incisivo di un intenso linguaggio visivo e onirico, ci conduce mediante lo sguardo e la personalità della sua protagonista Bella Baxter lungo tutto il suo percorso di crescita e del suo divenire, spodestando i confini dettati dalle sovrastrutture e convenzioni sociali.
Il film è tratto dall’omonimo romanzo del 1992 di Alasdair Gray, a cui il regista adatta la sua esigenza di trattare tematiche complesse nel film, dandone un’impronta specifica e una decisiva espressione autoriale.

Povere creature

Povere creature!
Regia
: Yorgos Lanthimos
Paese di produzione: Stati Uniti d’America, Regno Unito, Irlanda
Anno: 2023

 

 

Entriamo in sala: la pellicola scorre e intanto, osserviamo la trama del film che narra di uno stravagante scienziato, un chirurgo di nome Godwin Baxter, il Dio-creatore, detto, God, "dio" e di un essere rianimato: Bella Baxter.
Ci troviamo dinanzi alla presenza di una ‘generatività che passa attraverso la mente di un Dio Creatore, che proviene dal maschile, un prototipo di “Creazione Mentalmente Assistita” ad opera di un uomo che poi diverrà padre della sua nuova creatura- esperimento. Lo spazio del corpo della rappresentata neoprocreazione è il cervello, tanto sezionato quanto osservato e studiato. Tutto questo si rivela possibile grazie alla logica e alla passione del metodo scientifico del tempo.

L’esperimento risulta riuscito. Bella Baxter da questo punto di vista è un essere nuovo, un esperimento di creazione in un laboratorio. Inizia la sua vita separata dalla società, all’insegna dell’apprendimento, della scoperta e dell’istinto.
Il punto di inizio rimanderebbe al mito di Atena, creatura che nasce dalla testa di Zeus che, temendo di essere spodestato dal figlio, inghiotte Metis, in procinto di partorire. Dal grembo la vita ecco che ritorna. Due figure di donne, nate dalla testa – mente del Dio creatore con due destini diversi. Bella segue il suo cammino di donna in nome della libertà e della scoperta del proprio corpo e del piacere del corpo.
Si tocca il mistero della generatività, chi crea? Da chi proviene? Nel film, la nuova creatura ibrida prende vita in un laboratorio ad opera della mente-progetto di un uomo che dà forma, che genera.

 Victoria muore suicida e lo scienziato riporta la vita nella morte, impiantandole nel cervello il feto che aveva in grembo. Si assiste all’intervento in laboratorio, la chirurgia opera al servizio dello spirito e dell’onnipotenza di ricerca e di sperimentazione. Godwin riprende quella potenziale vita riportandola nel corpo della donna adulta, creando il passaggio da un corpo morto a un corpo  rianimato.
Il dott. Godwin Baxter, dunque, mette in campo un nuovo innesto, e, attraverso un gioco di particolari inquadrature, ci fa assistere ed essere nelle sale operatorie ove si svolgono gli esperimenti, i tagli nel corpo e del corpo per carpire i segreti e il mistero del corpo dell’uomo e studiarli.
Bella abita, dunque, un cadavere riportato in vita, quindi anche mostruoso, perché passato attraverso la spregevolezza, l’abominio. Ma è il corpo e il volto del suo creatore, Godwin, il dottor Frankeinstein, a essere il più mostruoso di tutti, anch’egli risultato degli esperimenti paterni, lacerato e sfigurato dal padre scienziato, in un quadro di sadismo e perversione per amore della scienza e del suo sguardo medicale sul mondo. Si deriva dal padre nelle nuove forme di creature.
Bella in questo viaggio decompone ciò che la rende mostro, offrendo uno sguardo profondo sui ruoli, resi significativi anche dal modo con cui i protagonisti si muovono negli spazi nelle scene.  È il modo in cui usa il proprio corpo, come strumento di conoscenza della realtà, esperienza ad essere, che è considerata pericolosa nel momento in cui devia dalla norma socialmente accettata.

Non solo, dunque, lo sguardo di Bella Baxter sul mondo, ma ritroviamo anche lo sguardo di chi si aggira attorno a lei, attraverso le inquadrature alla fish-eye e i trucchi prospettici che ne derivano, calibrando ad hoc il movimento di camera e distorsione della lente e offrendoci l’idea quasi di spiare la scena e origliare le conversazioni. Trucco perfetto per riportare differenti percezioni nello spazio e nel tempo. Il regista utilizza questo gioco di prospettive efficaci nel veicolare i diversi significati dei temi trattati.
Si assiste, così, ad un gioco intellettuale tra sogno e realtà che sembrerebbe avere molto a che fare con le intenzioni dell’illustrazione e il simbolismo di Escher. Alcune inquadrature sembrano caratterizzate dal concavo e il convesso, dove l’illusione sfrutta un gioco di ombre che porta al rovesciamento percettivo tra l’interno e l’esterno delle scene. È un film che appartiene alle immagini e alla sensorialità.
Il percorso di crescita di Bella Baxter si segue attraverso i particolari di regia. La prima fase, quando ancora la fanciulla compie i primi passi del suo cammino di esperienza nel mondo, ci troviamo  spettatori dei chiaroscuri, siamo nell’esclusione del colore iniziale, che rimanda all’inizio della storia, all’atmosfera neogotica da cui trae ispirazione la vicenda.
Man mano, introducendo il colore, i paesaggi diventano affreschi che ci sorprendono nella loro vividezza, Lanthimos ci accompagna nel percorso di soggettivazione, di determinazione della sua eroina, nei significati emotivi della sua esperienza per il mondo e aprono lo sguardo alla bellezza e alla consapevolezza di ciò che Bella scopre nella conoscenza della realtà.

Tutto questo si dispiega anche attraverso l’evoluzione del suo stupefacente guardaroba. I costumi, i colori delle stoffe rappresentano la rivoluzione, la dissonanza dalla società nel percorso di crescita di Bella.
“Povere creature!” è stato descritto anche come un cammino di emancipazione femminile, e potrebbe esserlo in modo trasversale. Bella, muovendosi con un corpo femminile, in un sistema in cui emergono schemi sociali e morali stabiliti per controllarlo, possederlo e renderlo prigioniero (come emerge da alcune scene in cui si assiste alla reclusione in nave e in casa ad opera del suo vecchio marito), ci mostra come tocchi questioni importanti legate a tali tematiche. La rivoluzione più potente, però, riguarderebbe lo spostamento e il ribaltamento della posizione della protagonista da quella dettata dalle convenzioni sociali, schemi che si scontrano con la libertà che la donna mette in scena attraverso il suo modo di guardare e di muoversi nel mondo, e attraverso la scoperta del piacere. Osservando più da vicino il personaggio di Bella Baxter, la sua mostruosità consiste proprio nel deviare dalle norme sociali, ad esempio quando scopre il piacere sessuale come atto gioioso, libero da ogni connotazione morale. L’unicità della sua natura consisterà proprio nel seguire il desiderio, mettendo in crisi  un ordine delle cose già stabilito.

Il sesso, il controllo, il pudore, la maternità, il dolore per il male dell’umanità, dunque, sono tutti aspetti con i quali lo spettatore si confronta, toccati in maniera potente e libera da Bella, in un percorso di crescita che la trasforma da “creatura” a “eroina”.
Un film, complessivamente, denso di sensorialità, sorprendente, caratterizzato da una ricchezza di elementi estetici che catturano lo spettatore e la cui ridondanza ha un effetto stupefacente visivo.
Le emozioni si riempiono di una musica che irrompe nella scena, incisiva e che penetra nello spazio, nella sala ovattata del cinema, nel cuore dello spettatore, ogni qualvolta Bella inciampa nella gioia, nel dolore e nella crudeltà della vita. Ed ecco la scena in cui, sulle note del brano portoghese, “O Quarto”, si entra nel tema vivo della pellicola, nella melanconia di Victoria, e si fa più intenso il suono forte dell’organo che entra in sala, colpisce, segnando il passaggio dell’ingresso dei sentimenti nella protagonista. La musica che culla le scene, sottolinea le sfumature emotive degli stati d’animo che si susseguono; la rianimazione,  il dolore di Bella per il male del mondo, il dolore della solitudine che risuona nelle musica ascoltata e diffusa in quel suo viaggio a Lisbona.

L’analisi degli effetti di regia e stilistici del film rappresenta l’analisi profonda ed emotiva della storia narrata, l’analisi degli affetti e dei suoi significati simbolici. Lanthimos ci fa fare esperienza delle immagini, ci fa provare l’esperimento di vivere e di immergerci in tutti gli elementi sensoriali che caratterizzano e riempiono le scene del film. Dalle immagini si giunge al significato, dai sensi alla rappresentazione, alla simbolizzazione. La fotografia è un denso gioco di immagini che permette allo spettatore di poterle fissare con lo sguardo in una cornice elegante, dalle variegate sfumature.
Le inquadrature ci fanno entrare nei luoghi e nelle atmosfere dense di particolari estetici, sonori, il cui impatto, pur facendoci avvertire un certo senso di artificiosità, ci conduce in una atmosfera fiabesca. ll regista gioca con i colori e le convenzioni sociali, usa il significato del corpo nelle scene. La danza di Bella, il corpo libero nei movimenti mentre balla, evita lo schema preordinato della coppia; il suo furore da eroina coraggiosa si esprime nella scena di sfida al marito quando pone il suo corpo fiero dinanzi a lui, mentre l’uomo le punta una pistola, minacciandola.
Questa scena descrive la forza e la determinazione della donna dinanzi alla minaccia e alla violenza. Quella violenza e quel senso del possesso che si contrappongono all’uso della libertà che Bella aveva imparato a conoscere e che riguarda la propria vita, il proprio corpo e la sessualità.

Il significato più profondo del film conduce al desiderio dell’incontro con l’Altro, la protagonista  si muove per incontrare la realtà e conoscere l’Altro, in quanto Altro da sé, l’Altro diverso, l’Altro mostruoso. Fa esperienza di tutto ciò che è represso, giudicato e attaccato. È una figura obliqua agli schemi stabiliti.
Bella Baxter segue con desiderio e coraggio la sua libertà, cammina sbilenca e con le sue maniche a palloncino si appresta con determinazione e fierezza alla conoscenza dei misteri dell’esistenza, mentre si muove nel tempo e nell’incanto crudele, feroce e affascinante della vita.

 

Bibliografia
Di Benedetto A.(1993) L’immagine, il suono, la parola. Psiche,2, Borla, Roma.
Winnicott. D.W. (1975) Dalla Pediatria alla Psicoanalisi, Giunti, 2020.                                     
Doyle J. E.S.; (2021) “ll mostruoso femminile. Il patriarcato e la paura delle donne”. Edizioni TLON, Roma
Fiorillo C. (2023) ( a cura di) Il parto di Zeus. Athena e il sapere esperto, Editrice Petite Plaisance, Pistoia.
Aumont J. et al. ( 2009). Estetica del film. Edizioni Lindau, Torino

 

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