Editoriale di Psicoterapia Psicoanalitica n. 2/2021 - "Percepire il cambiamento, percepire la continuità"
Questo numero di Psicoterapia Psicoanalitica è stato particolarmente faticoso. Credo che tutti abbiamo risentito del contesto nel quale è stato concepito. Una prima estate di relativa libertà, o di parvenza di libertà, dopo quasi due anni di pandemia. Da una parte questa nuova situazione ci ha fatto riflettere e iniziare a comprendere la fatica e il trauma al quale siamo stati e ancora siamo soggetti, dall'altra ha portato, forse, a una forma di ricerca di leggerezza che si è percepita attraverso una difficoltà a concentrarsi.
Questa osservazione iniziale può essere collegata al tema: “Percepire il cambiamento, percepire la continuità”. Questo tema era stato pensato dalla redazione con l'intento di proporre una riflessione sulla complessità dei cambiamenti, in primo luogo all'interno della psicoanalisi, nella sua capacità di accogliere l'evolversi delle trasformazioni esterne che hanno inevitabili ricadute interne, nello psichico e negli aspetti fantasmatici, in una continuità che si trasforma e ci trasforma.
In effetti, abbiamo assistito all'interno della ricerca in psicoanalisi, negli ultimi 30 anni, a evoluzioni che hanno avuto origine dalle osservazioni cliniche e dall'adeguamento a queste degli aspetti tecnico-teorici. Sono cambiati i nostri pazienti, ma siamo cambiati anche noi per l'ineludibile evidenza di questi mutamenti. Questo dimostra quanto la psicoterapia psicoanalitica e la psicoanalisi, più in generale, sia una scienza che si trasforma in base alla ricerca clinica e al contesto storico e sociale. Dimostra quanto una ricerca possa essere al passo con il tempo. Dimostra come la nostra disciplina sia viva e non sia avulsa dal contesto scientifico.
Ci fa riflettere anche su quanto sia possibile e auspicabile il confronto con altre discipline, limitrofe alla psicoanalisi, che adottano per la ricerca metodi differenti da quello psicoanalitico.
I cambiamenti teorico-tecnico-clinici sono possibili proprio per la continuità del nostro metodo di rilevazione: il metodo psicoanalitico di base è trasversale alle varie teorie, pur con le differenze attraverso le quali può essere adoperato.
La nostra Società vanta una lunga esperienza di riflessione sul metodo psicoanalitico, all'interno del quale ha utilizzato varianti con rigore e duttilità, modulando il setting psicoanalitico con l'intento di adeguarlo al bisogno dei pazienti.
Penso che l'aspetto più evidente di cambiamento nella ricerca psicoanalitica odierna sia anche dato dall'attenzione sistematica al funzionamento della mente dell'analista e alla condivisione, pur nelle differenze teoriche, delle osservazioni cliniche e tecnico-teoriche con la comunità scientifica di appartenenza. Questo elemento di confronto, che tutti auspichiamo possa essere sempre più presente e frequente, concorre a rendere la nostra ricerca, anche quella legata al single case, più approfondita e condivisa.
I contributi di questo fascicolo testimoniano dell'apertura a un dialogo tra diverse concezioni teorico-tecnico-cliniche psicoanalitiche. Un dialogo che arricchisce e che può essere possibile perché si fa riferimento a un linguaggio comune e a un metodo di base comune.
Apre il fascicolo il lavoro di Alfredo Lombardozzi, per la sezione Lector in fabula: “Mito e fiaba tra continuità e cambiamento”. In esso c'è sia la dimensione antropologica sia quella clinico-psicoanalitica. Il mito e la fiaba, con la loro differenza e le loro rappresentazioni simboliche, sono sempre stati per la psicoanalisi tramite di ricerca delle dinamiche inconsce e dei simbolismi ricorrenti nelle diverse culture e trasversali a esse. Nella psicoanalisi odierna, come rileva l'autore, c'è più attenzione al contesto culturale di origine di queste particolari forme narrative e ai processi sociali relativi a sistemi simbolici complessi. Mentre nella psicoanalisi classica delle origini si stabilivano assimilazioni tra sogno e mito, interpretando i significati inconsci inerenti alle immagini del mito, in misura minore nelle fiabe, nella psicoanalisi odierna l'analisi del mito e anche della fiaba è diventata una componente significativa della tecnica psicoanalitica non disgiunta dalla funzione terapeutica.
La dimensione del mito e la sua attualità sono presenti anche nel lavoro di Annapaola Giannelli pubblicato nella sezione Intersezioni. Il mito di Enea è utilizzato come una metafora per descrivere la continuità dell'essere nella discontinuità dell'esistenza. L'autrice guarda al mito attraverso un “vertice” di lettura bioniano, come una struttura narrativa che consente di accedere all'Inconscio, similmente al sogno. Così il mito di Enea, attraverso citazioni di passaggi significativi del poema che rac- conta la sua storia, è analizzato, come si farebbe con un paziente, e si presta a rappresentare colui che soffre ma che è in grado di trasformare il dolore: la sua vita essendo improntata dalla dimensione della fiducia, oltre che del lutto. L'eroe attraversa il tempo conservando una percezione di sé unitaria che gli consente di preservare la mente dalla follia.
In “Percepire il cambiamento, percepire la continuità: note sull’autoanalisi”, sottolineo l'importanza, nel lavoro dell'autoanalisi, della conoscenza delle modifiche teorico-tecniche avvenute negli anni e della loro influenza nel setting interno del terapeuta. L'autoanalisi è vista come un “lavoro” che va al di là della dimensione transferale e controtransferale includendo, nell'intensità delle emozioni elicitate dal paziente, anche gli aspetti del vissuto e della personalità dell'analista che appartengono solo a lui. Descrivo un mio metodo attraverso il quale cerco di percepire le differenze tra i contenuti derivanti dall'Inconscio del paziente, da quelli riferibili al mio vissuto e ai derivati del mio Inconscio.
Maria Luisa Algini in “Il filo nascosto della noia” ci parla dei profondi cambiamenti in essere, stabilendo un “prima” e un “dopo” nella pandemia ancora in corso, attraverso un lavoro che analizza uno stato mentale, un sentimento chiamato “noia” e il suo significato in rapporto ai cambiamenti in essere. Il tema della noia, interessante e poco sviluppato dalla letteratura psicoanalitica, fa da filo conduttore alle osservazioni personali sul setting interno dell'analista e su quello che rileva nei suoi pazienti alle prese con un trauma che si avverte a vari livelli. La varietà di questi stati di noia, durante e dopo la fase acuta della pandemia, sono espressi dai pazienti e si intersecano, nel lavoro di Algini, alla ricerca di un sentimento più profondo, cercando il filo di una winnicottiana “continuità dell'essere”.
Sugli esiti della pandemia in un paziente e nel processo terapeutico verte anche la riflessione dello Scorcio di Gabriele Morelli, che parla di una “Soluzione paranoidea ai traumi della pandemia virale”.
L'autore descrive un caso clinico prima e dopo la pandemia, in relazione alle restrizioni, al confinamento e poi alla campagna vaccinale e alle richieste del green pass. La realtà esterna e le difese arcaiche del paziente, messe in atto rispetto a questa, lo fanno regredire a una posizione paranoide e confondono e inglobano anche il terapeuta in una dinamica patogena che si snoda nella dimensione transferale e controtransferale.
Il lavoro di Maria Grazia Minetti ci porta a riflettere su una constatazione derivante dalla sua osservazione clinica: l'autrice rileva che in molti pazienti odierni, in modo trasversale, vi è il discorso del fermare il tempo nella ripetizione. La mancanza a essere e alla continuità dell'essere produce un “conflitto identificatorio” secondo la definizione di Piera Aulagnier, che lo colloca tra i due poli della permanenza e del cambiamento tra ciò che rappresenta il desiderio dei genitori e il proprio desiderio, in base ad un proprio progetto legato all'Ideale dell'Io. L'Io, se ben funzionante, riuscirà a realizzare un compromesso identificatorio tra l'essere stato identificato e il potersi identificare in un proprio progetto.
Il problema della continuità dell'essere è ben evidente nel caso clinico di Giurita Zoena: “Incontriamoci al confine”, pubblicato nella sezione Scorci. Spesso i cambiamenti globali ai quali stiamo assistendo ci mettono a confronto con la realtà di pazienti che sono in città solo di passaggio e che ci fanno sostare ai confini di un mondo sconosciuto. Il terapeuta diventa, come in questo suo caso clinico descritto, l'elemento concreto della continuità del tempo che è stato e di quello che sarà, e rappresenta le coordinate spazio-temporali del paziente. Il terapeuta può inaugurare nel paziente la percezione della sua continuità dell'essere, soltanto attraverso un suo lavoro interno di integrazione, che consentirà, poi, al paziente, di vedere i bordi sottili della sua esistenza.
Nello Scorcio di Maria Mosca: “Continuità e Discontinuità in seduta: i ritardi”, l'autrice riflette sul significato di questi aspetti all'interno del processo terapeutico. Alla luce di esempi clinici, la continuità è segnata dal discontinuo e dal discreto. L'autrice si riferisce ai concetti di Continuo e Discreto in psicoanalisi proponendo un modello di esplorazione psichica di Muratori et al. (1987) che pensano ad un binomio Continuo/Relazione e Discreto/Rapporto. La Relazione è una funzione di continuità e così il Rapporto: essi fanno parte del discreto-concreto e prendono il sopravvento evitando le rotture del setting.
Del cambiamento e della continuità nella formazione degli allievi del nostro Istituto di Formazione scrive Roberto Metrangolo, con il suo lavoro sulla Supervisione. L'autore fa riferimento ai cambiamenti in essere richiesti dalle norme legislative in vigore che riguardano la specializzazione in psicoterapia, analizzandone le differenze e le ripercussioni sugli allievi. Il cambiamento dell'età dei nostri allievi e le richieste di avviare in contemporanea vari moduli formativi (Tirocinio, Analisi personale, Supervisioni), ha delle ricadute sul clima e sul metodo delle supervisioni e necessita, in generale, di condizioni culturali, emotive e soprattutto di un adeguamento teorico-clinico allo scenario contemporaneo. Metrangolo propone il costrutto teorico di “alleanza di apprendimento” da varie prospettive, per un processo formativo creativo che tenga conto dell'attuale realtà nella quale si trovano allievo e supervisore.
In Intersezioni, Fabio Fiorelli, attraverso il suo lavoro: “La scomparsa della realtà”, si interroga sulle possibili conseguenze delle trasformazioni attuali in campo tecnologico sulla teoria e sulla pratica psicoanalitiche. L'autore prende in considerazione la progressiva “virtualizzazione” della realtà dal punto di vista di vari autori, in ambito filosofico e in altri campi del sapere. Egli si interroga sulla validità di alcune categorie per come sono state pensate anche dalla psicoanalisi: la realtà virtuale non rappresenta la realtà per come l'abbiamo sempre pensata, ed introduce un cambiamento nelle categorie di realtà rispetto alla fantasia e all'immaginazione. Più in particolare, l'autore riflette sull'impatto di tali cambiamenti esterni sulla tradizione psicoanalitica e esprime l'esigenza di individuare un punto di equilibrio che integri le trasformazioni in essere alla continuità e alla validità dei suoi presupposti di base.
Alcune interessanti recensioni sono pubblicate nella nostra sezione a loro dedicate.
In questo numero, con dolore e affetto, salutiamo un nostro giovane collega che ci ha lasciato, Riccardo Gallerani.
Buona lettura
* Socio ordinario SIPP con funzioni di training, Direttore di Psicoterapia Psicoanalitica, Via Santa Lucia 27, 35139 Padova (PD). Questo indirizzo email è protetto dagli spambots. È necessario abilitare JavaScript per vederlo..
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