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M. BENINI, S. LONGO, S. ROTTOLI. BATTITO: QUANDO IL SINTOMO DIVENTA PAROLA ATTRAVERSO LA MUSICA

Riprendendo il tema della fragilità umana, approfondito in un articolo pubblicato di recente sul nostro sito in merito all’ultimo album di Marracash “È finita la pace” (2025), proponiamo una riflessione sulla canzone “Battito” (2025), con cui Fedez esprime al pubblico del festival di Sanremo una sua versione.
Nel testo si evince come il Rapper parli della relazione tossica e dolorosa con una donna e, parallelamente, della relazione con la sua sofferenza psicopatologica, la depressione e gli psicofarmaci. Come forse è risaputo, Fedez negli ultimi mesi ha affrontato diversi cambiamenti di vita e sembra stia cercando, sempre di più, di mostrarsi come se stesso, intriso di fragilità e sofferenza, senza più maschere socialmente scintillanti.
La prima strofa, che sembra indirizzata proprio ad una donna, recita: “Ti porterei in terapia / Solo per farti capire il male che fai”. Poche parole, che si prestano a diverse letture ed interpretazioni, da cui traspare tuttavia in modo netto e tagliente il senso di un dolore profondo, disperato. Qual è il fine di condurre l’Altro nella stanza d’analisi? L’unico luogo, forse, in cui all’essere umano è concesso di essere se stesso fino in fondo. Libero di dare sfogo alle proprie sofferenze, ma anche alle fantasie più scomode, come quelle di prevalsa e rivendicazione dopo essere stato ferito. Libero di esprimere la rabbia, il dolore, ma anche quella tristezza che la società oggigiorno tende a condannare in modo tacito. “Ti porterei in terapia”, così che tu possa comprendere…? L’eco pare quello di una scissione fra l’Altro come causa del proprio male (l’oggetto cattivo, in termini kleiniani - Klein, 1946) e l’Io che, temendo per la propria sopravvivenza, corre ai ripari attraverso la Psicoterapia. Non sembra affatto trattarsi del ‘portare simbolicamente l’Altro in seduta’ attraverso una narrazione personale. La terapia, dunque, come strumento fondamentale per preservare il proprio essere ‘buono’ e riversare sull’Altro accuse, colpe, condanne. La stanza d’analisi come campo (Baranger & Baranger, 1961)…di battaglia! Vien quasi da domandarsi, in tal senso, se l’invito di Fedez non voglia essere per l’appunto quello di far leva sulla coscienza altrui, come ad urlare a gran voce: “Tu, che sei causa del (mio) male, tu dovresti andare in terapia. (Non io, sottinteso)”. Parole dense e pregnanti, che almeno una volta sono giunte alla mente di ciascuno di noi nelle fasi più dilaniate di un percorso di psicoterapia. Come quando il cuore comincia a battere all’impazzata, attraverso delle palpitazioni intense e ravvicinate: non un semplice sintomo.
Il battito del cuore viene spesso assimilato al pulsare della vita: forte, deciso, accelerato, erratico oppure tenue, incerto, flebile. Tale ritmo diviene simbolo di vitalità e, nel suo cessare, discrimine fra la vita e la morte, fine o inizio di ogni speranza. Quando una donna aspetta un bambino, l’emozione di poter ascoltare per la prima volta il battito del cuore durante un’ecografia è grande, e altrettanto grande e bruciante il dolore quando invece il responso medico annuncia che “non si sente più il battito”. In generale, un cuore che si ferma, un respiro che cessa indicano la fine della vita su un piano sia concreto che simbolico. Viceversa, un cuore che pulsa rappresenta l'amore e la forza propulsiva dell'energia vitale: poesie e canzoni sono piene di equazioni simboliche fra cuore, amore, passione, gioia di vivere. Nel 1938 Charles Trenet inaugura, potremmo dire, questa tradizione con la sua “Boum!”, canzone di un'allegria contagiosa ripresa poi da molti altri artisti nel corso del tempo, in cui il ‘bum bum’ del cuore rappresenta il battito della vita e l'amore che si risveglia.
Non così nella canzone di Fedez, dove “Battito” fa pensare a paura, rabbia, disperazione, sofferenza, lotta interiore - qualcosa di originariamente vitale impregnato di istanze mortifere. Il testo sembrerebbe dedicato ad una donna amata/odiata (“Prenditi i sogni / Pure i miei soldi / Basta che stai lontana da me”), ma forse non è così. Forse Fedez scrive soltanto del suo malessere e della guerra interiore fra il suo desiderio di guarire, da una parte, e un dolore che sembra infilarsi in ogni piega dell'anima, dall’altra.
I versi “Dentro i miei occhi / Guerra dei mondi”, sembrerebbero in questo senso raffigurare il conflitto tra istinto di vita e istinto di morte postulato da Freud nel 1920, in cui il fondatore della Psicoanalisi ipotizza l'esistenza di una molto dibattuta pulsione di morte proprio per spiegare la resistenza al miglioramento e l'aggressione rivolta contro il Sé tipica di alcune situazioni psicopatologiche, prima fra tutte la melanconia (depressione). La guerra che Fedez chiama in causa potrebbe rimandare alla discrepanza tra ciò che sentiamo sia positivo per noi e ciò da cui siamo attratti, che in alcuni casi ci porta a soccombere emotivamente, a soffrire. O ancora, potrebbe trattarsi della spaccatura tra ciò che sentiamo di essere e ciò che la società ci richiede di essere; tra le esigenze del mondo interno e le richieste del mondo esterno, spesso dissonanti rispetto a ciò che siamo e sentiamo di volere da noi stessi.
In parole semplici ma efficaci Fedez ci comunica il suo stato d'animo: “Vorrei guarire / Ma non credo / Vedo nero pure il cielo”. Sembrano esserci poche speranze verso l’alba di una via luminosa. Parafrasando il testo, il Rapper narra della sofferenza che lo viene a trovare quando spegne la luce e la mente “vaga nel buio più buio che c’è” e della fatica a sostenere le aspettative di un’apparenza ormai disconnessa da sé: “Forse mento, quando dico sto meglio”.
La funzione della Psicoterapia è, tra le tante, quella di portare il paziente a stare meglio, navigando verso il proprio Desiderio (e non quello altrui), consentendogli di vivere il più autenticamente possibile la propria vita. Fedez racconta di una guerra in cui si sente disarmato, in cui forse sente di non essersi protetto abbastanza (“Ho alzato barriere di filo spinato, ma le ho sempre messe nel lato sbagliato”). Il raggiungimento di un benessere interiore sta, forse, nel passaggio dal ‘socialmente accettato’ ad un personalmente accettato, come sembra esprimere il cammino che il Cantautore sta percorrendo, a partire dal festival di Sanremo, in cui si è mostrato fragile, emozionato, vero, pieno di paure che sta provando a sconfiggere grazie alla musica e alla Psicoterapia, che non ha mai celato di aver intrapreso.
Rispondendo ad una domanda postagli da un giornalista, Fedez ha tenuto a sottolineare che, quando fa riferimento a qualcosa di malevolo datogli da un “dottore” (probabilmente uno psichiatra), non intende puntare il dito verso la Psichiatria e la Cura della psicopatologia in generale, ma a un singolo e specifico “dottore” che lo ha riempito di psicofarmaci, i cui effetti collaterali sono stati eccessivi, a mo’ di accanimento. Spegnere, laddove invece è più che mai necessario riuscire a dar voce
Con “Battito” Fedez vuole trasmettere, attraverso il ritmo accelerato del cuore che pulsa, la difficoltà di tornare alla vita, espressa anche dalla fatica che lo costringe a sentire di “galleggiare sopra ad un mare statico”. Si tratta di sopravvivenza, mentre come persone abbiamo il diritto di Vivere la vita, nella più profonda versione di noi stesse. “Battito” è un grido di aiuto, l’espressione di un malessere per troppo tempo sottaciuto. La Psicoterapia è “cura attraverso la parola”. Perché, quindi, non partire da qui, dal poter dire come stiamo e dal poter esprimere le nostre emozioni, per stare meglio e provare a vivere davvero?

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Bibliografia

  • Baranger W. & Baranger M. (1961). La situazione analitica come campo bipersonale. Milano: Raffaello Cortina, 1990.
  • Freud S. (1920). Al di là del principio di piacere. In: Sigmund Freud Opere Vol. 9. Torino: Bollati Boringhieri, 1989.
  • Klein M. (1946). Note su alcuni meccanismi schizoidi. In: Scritti 1921-1958. Torino: Bollati Boringhieri, 1978.

 

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