Rosa Romano Toscani. Riflessioni psicoanalitiche sul femminicidio
Il Femminicidio è sempre stato presente nella Storia, nella Mitologia, nel Teatro, nella Letteratura, nel Cinema.
Si è sempre trattato di una patologia psichica molto grave verso cui dal punto di vista sociale, storico, clinico non si è data la giusta attenzione e non ne sono state messe in luce a sufficienza le profonde cause inconsce.
Si tratta di una patologia, che oggi viene denominata borderline in personalità fragili, con scarsa stima di sé, incapaci di sopportare ferite narcisistiche, disturbate sul piano dell’identità e con gravi difficoltà relazionali le cui radici risalgono alla costruzione dello sviluppo emozionale primario in rapporto all’internalizzazione, interiorizzazione e investimento del/e sull’oggetto.
Cosa accade nella sfera psichica se l’oggetto investito in modo massiccio viene a mancare?
La perdita assume un valore devastante, un’angoscia incontenibile. La carica pulsionale investita non permette in tali personalità l’elaborazione di un abbandono che viene sentito come un trauma, anzi per dirla con Matte Blanco, un Trauma.
Allagato da un “dolore senza nome”, al quale non si riesce a dare significato, il soggetto si trova, come affermavo nel libro “Sigmund Freud e l’origine dell’angoscia”, nell’impossibilità di fare il lutto
Si verifica, quindi, uno spostamento dell’Eros verso Thanatos, dell’amore, che certo non si può chiamare tale, verso l’odio, verso la distruttività.
La persona “amata” diventa il “persecutore” interno, la causa di quel dolore devastante del quale si è parlato prima, insostenibile.
L’angoscia allaga la sfera psichica facendo perdere al soggetto tutti i punti di riferimento interni, i valori morali e etici, il senso della vita dell’altro.
Incapaci di vedere e di sentire l’altro come un soggetto, avvertono l’abbandono “una perdita del “Sè”, un rifiuto, una minaccia, una svalutazione, una mortificazione inaccettabile al proprio “Io”.
Solo il possesso di “Quell’oggetto d’Amore” dava valore alla vita, senza la sua presenza niente ha più senso, l’esistenza è finita, il proprio “Io” è frantumato, perduto.
La frammentazione antica, tenuta a bada nel tempo si manifesta in tutta la sua virulenza.
Viene alterato l’equilibrio dinamico delle pulsioni in una defusione che spinge la libido a legarsi alla pulsione di mort
L’unica strada possibile diventa quella di passare all’atto, di agire “concretamente” ciò che non si riesce a fare “simbolicamente” e psicologicamente.
L’uccisione “dell’oggetto d’amore” rappresenta l’unica possibilità di fuga da una sofferenza che si è trasformata in una rabbia devastante.
L’oggetto che era stato introiettato e sentito, considerato un oggetto “buono”, gratificante, a causa del rifiuto e dell’abbandono si trasforma in modo immediato, senza alcuna possibilità di appello o di elaborazione in un oggetto “cattivo”.
Non potendo tollerare la presenza interna ed esterna dell’oggetto diventato “cattivo”, questa può essere solo eliminata simbolicamente con la morte per riuscire a farla scomparire realmente e definitivamente dalla propria vita, l’unico modo per potersi liberare dal dolore dell’abbandono, punendo chi lo ha prodotto.
Vengono messi in atto meccanismi di scissione tra il Me e il non-Me, tra l’Io e il Tu, tra il Bene e il Male, tra l’Amore e l’Odio.
Meccanismi di diniego nel diritto all’altrui libertà, di proiezione nel trasferimento sull’altro della propria aggressività, dell’onnipotenza nel diventare arbitri di vita e di morte.
Un percorso inarrestabile scatena una furia omicida, un percorso, però, che aveva sicuramente dato segni premonitori che non erano stati avvertiti dal soggetto, né presi sufficientemente in considerazione dall’ambiente familiare e sociale per fornire quel limite, quel confine e quel contenimento difficile per lui da dare a se stesso e che in fondo rappresentavano una richiesta inconscia di aiuto.
La difficile problematica individuale si lega oltremodo a vissuti tramandati dall’ordine sociale in cui é co-partecipe la Società, ma ciò richiede un ulteriore approfondimento.
Il passaggio da una Società Patriarcale ( sarebbe più consono parlare dei rapporti tra il femminile e il maschile) ad una Società “Condivisa”, non é semplice. Il cambiamento di ruoli é foriero di lacerazioni e sconvolgimenti.
Sono questi i temi da approfondire.
Queste riflessioni, infatti, non affrontano i problemi politici, sociali, ambientali, familiari con i loro rispettivi cambiamenti. Ogni femminicidio, così come ogni patologia, ha la sua storia e la sua etiologia, ma è sempre utile individuare tratti comuni dai quali formulare delle diagnosi in itinere.
Bibliografia
Bollas C. (1993) “L’ombra dell’oggetto. Psicoanalisi del conosciuto non pensato”. Bolla, Roma 198
Freud A. (1936) “L’Io e i meccanismi di difesa”. Giunti, Firenze, 2012.
Freud S. (1914b) “Introduzione al narcisismo” in OSF 7. Bollati Boringhieri, Torino, 1999.
Freud S. (1915) “Lutto e melanconia” in OSF 8. Bollati Boringhieri, Torino, 1996.
Freud S. (1915c) “Considerazioni attuali sulla guerra e sulla morte” in OSF 8. Bollati Boringhieri, Torino, 1996.
Freud S. (1915d) “Pulsioni e loro destini” in “Metapsicologia” in OSF 8. Bollati Boringhieri, Torino, 1996.
Freud S. (1917) “Trasformazioni pulsionali particolarmente dall’erotismo anale” in OSF 8. Bollati Boringhieri, Torino, 2002.
Matte Blanco I. (1975) “L’inconscio come insiemi infiniti”. Einaudi, Milano, 2000.
Romano Toscani R. (2021) “Sigmund Freud. L’origine dell’angoscia” Franco Angeli, Roma, 2021.