Adriana Gagliardi*.
Editoriale di Psicoterapia Psicoanalitica n. 2/2020

Questo numero dedicato alle emergenze è denso di contributi che, tranne per una eccezione, parlano dell'emergenza dovuta alla pandemia da Covid-19, delle riflessioni sul trauma collettivo e individuale e delle ricadute di questo nella psicoterapia psicoanalitica.

In molti lavori appare in maniera vivida il clima surreale nel quale siamo stati e siamo ancora immersi. Pensavo che la mia generazione e quella successiva sarebbero state "immuni" da traumi collettivi: così non è stato.

Cercherò di tracciare delle costanti che costituiscono il filo rosso che accomuna gli scritti.

La prima è quella riguardante il registro delle emozioni che variamente hanno attraversato la nostra mente, che ci hanno coinvolti-invasi in questa improvvisa e traumatica realtà sia come persone, sia come terapeuti psicoanalitici.

Il lavoro di Stefano Bolognini, nella sezione Lector in fabula: "Paura, ansia, angoscia, panico nelle concettualizzazioni psicoanalitiche", ben descrive e fa riflettere sulla gamma delle molteplici emozioni che tessono la trama e l 'ordito di questo numero. Esso costituisce un minimo comune denominatore, un punto di partenza che orienta sia dal punto di vista teorico che clinico sull'analisi fine del sentire-percepire comune, una prima base per comprendere la differenza, la definizione, la qualità di queste emozioni.

La seconda costante riguarda il modo in cui questo sentire-percepire comune si sia manifestato nel nostro setting interno e in quello dei nostri pazienti, nella relazione della coppia al lavoro durante l'evento emergenziale, e quali risorse abbiamo attivato per far sì che questo trauma esterno e comune non interferisse con l' asimmetria necessaria per esercitare sui nostri pazienti quella funzione di cura che essi ci richiedono.

La nostra «struttura inquadrante» (Green, 1982), senza la quale non potremmo essere terapeuti, è stata messa a dura prova ma, allo stesso tempo, è stata oggetto di attenzione e riflessione. Abbiamo tentato di stare al passo con i bisogni nostri e dei pazienti, spesso attuando delle variazioni nel setting psicoanalitico, varianti creative che sono state un punto di partenza da cui sono nati pensieri, che saranno valide anche oltre l'emergenza in corso.

Le riflessioni circa l'influenza del trauma collettivo sui traumi personali pregressi di terapeuta e paziente, hanno attivato nell'analista, in una visione tesa al pensiero positivo, quell'autoanalisi necessaria a mantenere l'asimmetria, quella funzione analitica della quale parlavo tempo fa su questa rivista, nel lavoro Il trauma dell'analista (Gagliardi, 2019).

Allora mi riferivo alla simmetria inconscia con il paziente, determinata da traumi e ricordi pregressi dell'analista, che restano anche oggi naturalmente oggetto di riflessione, ma in questo caso sono anche attivati dalla pressione del trauma collettivo reale del quale abbiamo percezione conscia. È ancora più difficile, se pur in après coup, fare chiarezza sul nostro intrapsichico, sull'interpsichico, l'intersoggettivo e sulla dimensione interpersonale. È difficile fare chiarezza su come la cornice esterna, il trauma comune, abbia potuto entrare a far parte del processo analitico, mantenendo la percezione simmetrica del vissuto comune senza invadere-contagiare la differenza e l'asimmetria tra analista e paziente.

La terza costante, quindi, riguarda le difese alle quali, dapprima in- consciamente e poi preconsciamente-consciamente, abbiamo fatto ricorso per il mantenimento di un setting interno che potesse fornire ascolto e aiuto ai nostri pazienti. Credo che all'inizio, le emozioni riguardo alla realtà che stavamo vivendo abbiano attivato in noi la gamma delle difese che vanno dalla rimozione alla dissociazione, in funzione della cura, in base alla nostra soggettività e al nostro Sistema difensivo. All'incredulità iniziale si sono sostituiti l'emergere di una prima consapevolezza e elaborazione di questi aspetti difensivi in funzione di una maggior integrazione e dialogo tra Io e Sé. Penso che questo movimento di integrazione e di mobilità abbia favorito gradualmente una fiducia maggiore nella propria funzione terapeutica e nei mezzi a disposizione per poterla esercitare, soprattutto quelli tecnologici, senza l'illusione difensiva dell'onnipotenza nelle proprie capacità terapeutiche. Penso anche che, in alcuni casi, il rientro in studio dopo il lockdown, dopo una prima percezione delle difese messe in atto durante la pandemia, possa avere attivato altri aspetti difensivi derivanti da angosce di integrazione (Gaddini, 1982), in maniera evidente in alcuni pazienti ma che, a ben vedere, il processo integrativo sia stato anche oggetto di angosce ed ansie da parte dell'analista. Niente è più come prima, agiscono nel setting modificazioni concrete evidenti mascherine, rituali per disinfettare le mani, distanze e finestre aperte, rituali inconsueti contro il contagio che non possono non avere ricadute nello psichismo del terapeuta e del paziente.

Molti di noi si sono immersi nell'approfondimento di teorie di riferimento esplicite e/o implicite alla ricerca di una "formula" di sapere alternativo che potesse sostenere i cambiamenti che si sono dovuti attuare all'improvviso, nel setting condiviso con il paziente oltre che in quello interno. Certo un aspetto difensivo, ma anche un tentativo di dare rappresentazione, significazione, allo spaesamento indotto dalla realtà perturbante. Io ho pensato spesso alla teoria di Matte Bianco (1975), in special modo alle "emozioni come sistema infinito", alla "simmetrizzazione" dei vissuti emozionali a livello dell'Inconscio nelle sue varie stratificazioni, alla bi-logica che sempre accompagna gli strati psichici profondi dell'lnconscio non rimosso, forse perché la teo1ia di questo autore ben rappresenta lo stato emozionale e lo fa coincidere con l'Inconscio ai suoi vari livelli, con la presenza antinomica dell'asimmetria della logica. Un'esperienza che abbiamo vissuto e forse un omaggio preconscio a Luigi Scoppola che mi ha fatto conoscere e apprezzare questo autore, come anche a Lilly Collesi con la quale abbiamo avuto vari scambi sul suo pensiero.

Tutti i contributi che sono pubblicati in questo fascicolo sono la testimonianza che le riflessioni hanno cercato-trovato corpo e sostegno nella scrittura per l'elaborazione del personale sconcerto paura dolore e lutto.

Marta Vigorelli nella sezione "Saggi" scrive un lavoro che si collega alla riflessione sul trauma dell'analista e, più in generale, dei "curanti", degli operatori sanitari, in prima linea nelle Istituzioni. Nel sottolineare l'importanza delle helping professions, l'autrice apre uno spazio di riflessione su come portare aiuto e sostegno agli operatori sanitari, attraverso il lavoro clinico psicoanalitico in dialogo con i contributi della psicologia dell'emergenza. In particolare, descrive e comunica al lettore la "simmetria empatica" consapevole, da lei vissuta durante la psicoterapia di due operatori in prima linea in Lombardia, durante l'emergenza pandemica. Nel processo terapeutico s'intrecciano, in maniera toccante, le vicissitudini, gli aspetti difensivi dei due operatori e i vissuti emotivi legati alle esperienze personali dell'autrice.

Dalla prima linea, dalla trincea, la descrizione di Morena Cadaldini, un'Intersezione proveniente da una neurologa che lavora a Schiavonia e che ha visto convertire il suo reparto di neurologia in reparto Covid. L'autrice riporta in un diario lo sconvolgimento personale di un medico, di colui che cura il corpo, e riesce a farci comprendere in maniera profonda le emozioni di paura, di angoscia e di dolore davanti ai suoi pazienti in piena pandemia.

Lo scritto di Elena Di Bella cerca e trova nei testi di poeti e scrittori, anche di altre epoche come Leopardi e Kafka, una rappresentazione di quello che stiamo vivendo, ricompone lo smarrimento generato dall'emergenza attraverso lo studio e l'approfondimento di testi letterari e psicoanalitici, con la speranza che il tempo della consapevolezza della fragilità dell'umano possa avviare un "rovesciamento di prospettiva" che porti alla messa in discussione delle certezze tecniche consolidate sul setting psicoanalitico.

Un percorso di pensiero sulle ricadute nella psicoanalisi nei suoi aspetti teorici-tecnico- clinici è quello proposto da Maria Luisa Algini che riflette sui cambiamenti provocati da questo "Ztrtare nel buio" dell'analista come persona e come terapeuta: nell'autrice vi è la speranza che i tempi bui possano essere un 'occasione per cercare-trovare espressioni creative tecniche e cliniche.

Alcuni lavori sottolineano l'importanza del gruppo scientifico di appartenenza come "luogo" di una possibile elaborazione-scambio dei vissuti traumatici del terapeuta in questo periodo.

Di questo aspetto scrive nella sezione Saggi Adelina Maugeri.

L'autrice fa riferimento alla teoria di Bion sui gruppi e la rende viva con la descrizione di un 'interazione avvenuta con il gruppo di colleghi con i quali era in essere, già da tempo, una continuità di scambio e di studio. Il lavoro ha potuto non essere interrotto ma continuato attraverso l'intervisione.

Attraverso il gruppo è stato possibile far emergere l'angoscia e la paura, lo spaesamento spazio-temporale: si è attivata la circolazione di stati della mente primitivi, che hanno potuto essere condivisi ed elaborati all'interno del gruppo di appartenenza che è stato matrice di pensiero e di trasformazione.

Questo aspetto di elaborazione e sostegno del gruppo scientifico di appartenenza è presente nella sezione "Istituzioni". Nell'Introduzione-preambolo di Antonio De Rosa e Silvia Grasso è descritto l'impatto del trauma collettivo sulla nostra Società Scientifica, sia a livello dei singoli sia a livello del gruppo scientifico e dirigenziale che si è fatto carico della "tenuta" societaria, "contagiata" dello sconcerto manifestato da tutti. Svariate criticità si sono presentate ed hanno dovuto es- sere fronteggiate: da quella della didattica a distanza per gli allievi del nostro IdF, all'avvio del coordinamento di svariati gruppi di lavoro e di studio, che hanno fatto da sostegno al turbamento comune e pro- mosso l'approfondimento rispetto ai vari cambiamenti di setting (in- terno e/o condiviso tra terapeuta e paziente). Vari livelli d'intervento sono stati attivati dalla SIPP per seguire e rendere tutti i suoi soci, diplomati e allievi partecipi e uniti per far fronte alla doppia emergenza individuale e collettiva.

La sinergia e il fronte comune contro l'emergenza si sono resi vi- sibili in modo manifesto quando si è deciso di inserire i nostri CdC nel circuito dello Sportello d'Ascolto psicologico per l 'emergenza Covid- 19, disposto dal Ministero della Salute. In "In-linea: esperiem:e di ascolto" abbiamo raccolto le testimonianze di alcuni nostri soci e di- plomati che hanno aderito all'appello del Ministero per poter offrire sollievo psichico alle persone che lo richiedevano durante l'emergenza, in special modo nella fase del lockdown, adattando il metodo psicoanalitico al setting proposto dalla linea d'intervento ministeriale.

Il lavoro scritto da Chianese, Cappuccio, Di Matola, Fiorito, Piemontese rende bene la dimensione gruppale di elaborazione, da parte degli operatori di un Centro di Consultazione coinvolti in questo pro getto. Naturalmente, l'Ascolto psicoanalitico, come questo scritto di- mostra, non è una semplice azione di supporto, ma comporta l'uso del metodo psicoanalitico, seppure in modo differente dall'usuale. Lo testimonia anche lo scritto di Rosa Romano Toscani, che dimostra come il setting interno di uno psicoterapeuta con la nostra formazione possa affrontare un paziente insolito, in un setting insolito, come quello stabilito dai parametri ministeriali. L'autrice lo denomina "setting del!' emergenza", descrivendo come il suo disagio iniziale nell'aderire al setting stabilito dal Ministero e nel lavorare senza aver mai visto il paziente di persona, attivi-crei una modalità di ascolto controtransferale in relazione alla situazione di emergenza. Il lavoro di Giuliano Manna, nel raccontare la sua esperienza nel Centro di Ascolto, parla della consultazione telefonica e del suo controtransfert, mettendo in luce gli elementi di sensorialità insiti in questo tipo di ascolto.

Due casi clinici con la descrizione del processo terapeutico in rapporto alla scansione temporale di un prima e di un dopo l'evento pan- demico.

Il saggio di Gianluca Biggio riflette sull'influenza della dimensione pandemica nel mondo interno di un suo paziente nella Fase I , durante il lockdown, mentre si avvia alla conclusione della psicoterapia: nonostante le sedute da remoto, si crea una nuova intimità nella coppia terapeutica al lavoro attraverso un sogno del paziente e le associazioni parallele del terapeuta. Un altro suo flash clinico descrive, invece, le reazioni di un paziente nella Fase 2 con il difficile avvio ad una possibile "normalità".

Lo scorcio clinico di Luigi Antonio Perrotta ci propone riflessioni attraverso un paziente le cui angosce primitive, già oggetto di lavoro prima dell'emergenza, riappaiono nel processo terapeutico mobilitate dall'emergenza esterna: il terapeuta si trova a differenziare l'interno dall'esterno per preservare lo spazio analitico e il legame necessario per continuare il lavoro iniziato, anche in remoto, descrivendo la difficoltà sua e del paziente durante il lockdown. L'autore cerca e trova un'espressione alle sue emozioni e ansie mobilitate da questo paziente difficile.

Nella sezione "Intersezioni" sono raccolte riflessioni da un "vertice" differente rispetto a quello psicoanalitico, come nel contributo dell'antropologo Stefano De Matteis, che traccia un affresco dell'atmosfera di "fermo immagine" nella quale siamo stati immersi durante il lockdown. Il suo contributo "fotografa'', con l'ottica antropologica, la situazione in modo differente e costituisce un ampliamento in una realtà sociale a tutto tondo anche attraverso la descrizione e il commento di una sua ricerca sul campo, nella quale riporta i vissuti di alcune categorie di persone che parlano di questa atmosfera surreale.

Un'altra ottica e con altre ipotesi e riflessioni sull'emergenza ci viene proposta da due etno-psicoterapeute, Noemi Galleani e Valentina Zambon. L'emergenza in questo scritto non è riferita al Covid-19, bensì al mondo dell'immigrazione. In questo caso il vissuto emergenziale non è determinato dall'immigrazione in sé, ma dal doversi dotare di strumenti tecnici e culturali non conosciuti per comprendere e prestare cura a persone provenienti da altri universi culturali. L'emergenza sta nella comprensione dei disagi psichici dei migranti che non possono essere interpretabili con gli strumenti diagnostici da noi solitamente adottati.

Alcune recensioni di grande interesse sono contenute in questo numero. Purtroppo, anche tre necrologi dei nostri cari soci che ci hanno lasciato: Luigi Scoppola, Lilly Collesi, Vittorio Califano.

Buona lettura.

* Socio ordinario SIPP con FT, direttore di Psicoterapia Psicoanalitica, Via Santa Lucia 27, 35139 Padova (PD). adriana.gagliardi97 @gmail.com

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